mercoledì 17 giugno 2015

M come Me pirata! Mercoledì 17 giugno!

Dolcenera. Tempesta in arrivo. Web

M come 
"Ma se a piovere e a morire non ci vuole niente",
citando un noto detto napoletano, 
pure a farsi male, ci vuole un attimo!
E così, davanti ad un espositore di collanine, 
nella splendida cornice di un villaggio del lago di Como,
un lunedì di vacanza, mi sono abbassata di colpo.
E mi sono infilzata un occhio!
Sfiorando per un attimo una tragedia ben più grave 
di quella che sembra invece essere 
"solo" una ferita (per quanto profonda ed estesa) sulla sclera 
(la parte bianca) del mio occhio sinistro.
Andava tutto bene. 
Un secondo dopo mi son ritrovata con un occhio sanguinante.
Trafitto dall'uncino di metallo di un raggio che terminava ad angolo retto.
Con la punta all'insù.
Molto simile a questo.
Ma con tre raggiere.
E ricoperto di bigiotteria.



Ho sentito male?
Abbastanza. Ma non da farmi perdere la calma.
Sono andata ad una fontanella e mi sono risciacquata l'occhio.
Appena finito di sanguinare mi sono recata alla prima farmacia.
Il dottore mi ha detto che non poteva aiutarmi.
Di andare dal medico di famiglia, l'unico che c'è in paese, 
e che riceve proprio accanto alla chiesa.
"Per sicurezza".
Su e giù. Per scalinate che mi sembravano interminabili.
Con le mie bambine disperate che "la mamma ha una ferita in un occhio",
aspetto il mio turno.
La diagnosi del secondo parere medico 
è di andare a Monza dove esiste un pronto soccorso oculistico 24 ore su 24.
Che vedeva una grande emorragia.
E che poco poteva fare se non raccomandarmi di recarmi ad un pronto soccorso.
Nessun ospedale vicino.
Nessun aliscafo.
Solo due traghetti che mi avrebbero portato alla macchina.
Non vedevo bene. Ed avevo un po' di male.
Ma ero più che altro spaventata ed agitata.
Nonostante continuassi a mantenere una calma surreale.
E' successo alle 17.30. A Varenna.
Alle 21 ero al Pronto Soccorso di Cantù.
Non usciva più sangue. 
Non mi sembrava il caso di portarmi le mie bimbe in ospedale.
Ho sistemato loro e sono andata.
Ringrazio gli infermieri e la dottoressa che mi ha ricevuto.
Mi hanno dato un codice verde.
Non avevo nessuno davanti con quel colore.
Solo moltissimi "bianchi" ed "azzurri".
Un paio di emergenze nel frattempo.
Con pazienza ho aspettato in silenzio il mio turno.
Alle 23 lasciavo l'ospedale.
Non sembrava avessi toccato iride o pupilla.
Mi hanno dato antibiotico. Una pomata nell'occhio.
Ed un antidolorifico.
Appuntamento alle 7.30 del mattino successivo dall'oculista.
Sempre in ospedale.
Confermerà, il medico specialista, che nell'episodio capitatomi, 
alla fine mi è andata bene.
Se con la stessa violenza avessi colpito pupilla o iride 
invece della sclera, 
avrei perso un occhio.
Ancora la sera chiudo gli occhi e rivivo quell'attimo.
In cui non sono morta. Non sarei morta. Ma avrei potuto ferirmi molto più gravemente.
E ancora immagino con terrore se fosse accaduto ad una delle mie bambine.
O ad uno dei tanti bimbi che, attratti dai colori delle collanine esposte,
gironzolava intorno a quell'espositore.
E così tanto mi sono raccomandata quel giorno con le ragazze.
E così tante volte ho detto loro di allontanarsi da quell'espositore.
Concentrata nell'osservare loro e nel prevenire che potesse accadere qualcosa, 
mi sono ferita io.



Perché vi racconto questo episodio?
Perché credo che ci vuole un attimo a farsi male.
A trasformare una giornata serena,
in una corsa al primo Pronto Soccorso.
Lo so bene io.
Lo sappiamo bene tutti.
Per superficialità. Per stanchezza.
O solo perché ci sono oggetti pericolosi che aspettano di mietere vittime.
Ma è un attimo scrivere una breve testimonianza.
E magari fare attenzione.
In effetti sto osservando e la maggior parte degli espositori,
è in regola e aggiornato con le recenti normative.
Ho scoperto che in molti, prima di me, ci hanno lasciato un occhio.
Per distrazione. Per disattenzione.
Ma fondamentalmente anche per pericolosità di quel gancio.
A punta.
Quelli nuovi, come da foto, sono sicuri e se anche li avessi colpiti,
non mi sarei fatta proprio nulla.
Inoltre credo che in quei momenti serva mantenere la calma.
E con obiettività giudicare la situazione.
Una specie di triage che solo noi siamo in grado di stabilire.




E vorrei davvero sottolineare l'efficienza del Pronto Soccorso
dell'Ospedale Sant'Antonio di Cantù.
Mi hanno veramente accolta. Con quest'occhio pieno di sangue.
Da sola. Con il cuore che batteva forte dalla paura.
Mi hanno visitata subito. Mi hanno tranquillizzata.
Mi hanno chiesto il livello di dolore.
Se ritenessi di poter aspettare.
Mi hanno spiegato che non c'era un oculista
ma che un dottore mi avrebbe visitata
e in base alla sua opinione avrebbero deciso cosa fare.
Mi hanno dato un foglietto con un numero. 
In sala d'attesa ho atteso. In silenzio.
Tra gente che brontolava. Insultava. Si arrabbiava. Arrivava. Se ne andava.
Sono arrivati 3 bimbi.
Sono arrivate due ambulanze.
Ho atteso.
Osservando con quanta pazienza e dedizione
tutto il team del Pronto Soccorso ha gestito in quelle tre ore
tutte le emergenze e le situazioni e le persone.
Alcune gentili.
Altre maleducate ed arroganti.
Chiamano il mio nome.
La dottoressa è calma. Concentrata.
Mi fa domande e scrive.
Mi guarda.
Dice all'infermiere di lavarmi l'occhio.
Nelle stanze accanto altri medici e altri infermieri gestiscono altri pazienti.
Mi dice che mi avrebbe fatto l'esame con la fluoresceina.
E che se non avesse evidenziato lesioni all'iride o alla pupilla,
mi avrebbe rimandato alla collega oculista la mattina successiva. 
Che la sclera era insanguinata ma che era normale considerando la contusione.
Che era normale non ci vedessi nitido.
E che mi facesse male!
Ma che a quel punto qualche ora fino al mattino non avrebbero cambiato nulla.
La mattina mi reco con l'urgenza e mi danno un altro foglietto con il mio turno.
Funziona tutto molto bene il sistema.
Mi spiace sentire e leggere spesso di esperienze negative.
Voglio lasciare la mia, positiva. Davvero.


Grazie Pronto Soccorso di Cantù.
Grazie all'ambulatorio oculistico.
Ai medici ed agli infermieri tutti.
Come sto? Meglio. Credo. Avrò altri controlli. 
M come Mai dimenticarsi che a piovere e a morire non ci vuole niente!
Ma pure a farsi a male!
Mi raccomando, non fate come Me!
Cercate di rilassarvi.
Di non accumulare troppa stanchezza.
Di prendere queste lunghe giornate di estate con meno stress.
La mente ed il corpo hanno bisogno di respiri lenti.
Di lasciare andare.
Per potersi ossigenare e vedere le cose e vivere gli episodi della vita,
con più vividezza.



Buon Mercoledì,
da M as me!

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